Il consumo di riso europeo è attualmente coperto per il 50 per cento da prodotto di importazione.
Arriva dalla Cambogia, ma anche dal Vietnam (con una crescita del 489%), dalla Thailandia, dall’India e dal Pakistan. Secondo il Dossier #SOSRisoitaliano elaborato dalla Coldiretti, mai così tanto riso straniero è arrivato in Italia come nel 2016: un aumento record del 21% delle importazioni che ha indotto i principali Paesi europei produttori di riso (tra cui Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria) a richiedere alla Commissione Europea un tavolo per rivedere le norme sull’importazione di riso dagli Stati extra comunitari[1].
Non soltanto, il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, ha dato l’annuncio di un’etichetta “salva-riso” made in Italy agli agricoltori italiani.
L’indicazione dell’origine in etichetta consentirebbe di fare chiarezza: oggi infatti un pacco di riso su quattro è di origine straniera, ma il consumatore non lo sa e non può saperlo.
Il problema è anche di sicurezza, come sottolinea ancora una volta la Coldiretti: l’aumento delle importazioni avrebbe infatti fatto scattare ben “12 allerte sanitarie da contaminazione per il riso e i prodotti a base di riso da Paesi extracomunitari in Europa, secondo i dati del sistema di allarme rapido comunitario (Rasff)”. La pericolosità per la salute dei cittadini riguarda la presenza irregolare di residui antiparassitari, di aflatossine cancerogene o altre tossine oltre i limiti, infestazioni da insetti, livelli fuori norma di metalli pesanti o la presenza di Ogm proibiti in Italia e in Europa.
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